Immaginiamo che abbia fatto un fioretto che consiste nel cercare con tutte le mie forze di essere una brava figlia. Di essere paziente e garbata, di non rispondere male e provare a rendere il meno difficile possibile l’esistenza a colei che dovrebbe essere la figura più importante per me, perchè mi ha donato nientepopòdimeno che la vita!
Ok. Immaginiamo anche che la suddetta persona, che per facilità chiamerò Mamma, non sia assolutamente quella che si può definire un soggetto facile e che tra i suoi passatempi preferiti, oltre alla simpatica tendenza a farsi prendere dal panico per qualunque cosa di storto le accada, dalla perdita degli occhiali, a quella delle chiavi alla scomparsa dei del gatto, ami alla follia “petulare” e per petulare io intendo rompere le balle insistentemente e all’infinito. Più l’interlocutore la pensa diversamente da lei e la contraddice, più lei si diverte e ripete come fosse un vecchio vinile graffiato le stesse frasi, con la stessa cadenza, gli stessi gesti e le stesse espressioni. Va avanti e avanti ininterrottamente con la sua pantomima, ignorando completamente chiunque abbia di fronte, finchè al disperato antagonista non resta che capitolare. Ci riesce sempre e con tutti, ma è proprio con il sangue del suo sangue che fallisce. Anni di addestramento fino da quando ero poppante, mi hanno programmata per DISTRUGGERE. Non ci sono urla che tengono, nè minacce che possano spaventarmi. I frequenti litigi contornati da belle paroline che solo colei che prova un profondo amore materno può pronunciare sono dunque inevitabili. Quando litighiamo, lo ammetto, più che a madre e figlia somigliamo più a due muli che si ragliano contro.
Se non avessi deciso che litigare non giova nè a me e nè a lei e che se lei in 25 anni non lo ha capito, non lo capirà mai, questa sera non sarebbe stata da meno.
Per evitare di distruggere la quiete che solo la domenica pomeriggio sa creare, decido di assecondarla e di accompagnarla al cinema. Nonostante la prospettiva di assistere all’ennesima commediola italiana, banale, già vista e forzatamente spiritosa non mi allettasse per niente, mi dico che invece potrebbe essere un buon momento per provare la tessera cinema3 con la quale dovrei entrare al cinema una volta la settimana e senza pagare! (Messaggio promozionale).
Naturalmente lì dove il gratis è nato c’è anche lei ed è così che anche mia mamma oramai da due mesi usufruisce di questo servizio e si sente estremamente realizzata nel varcare le pesanti porte di ogni qualsivoglia cinema, senza l’angoscia di sentirsi urlare “un fiorno!”
La coda alla biglietteria e più lunga del previsto. Noi due, ritardatarie croniche siamo in attesa del nostro turno, io silente e sinceramente un po’ imbarazzata per essere come una dodicenne al cinema con la Mamma, lei agitata come sempre, impaziente scalpitante e lamentosa con ogni singola cellula del suo infagottato corpo.
Avvantaggiarsi per non perdere neanche un prezioso secondo del nostro tempo, è sembrata ad entrambe la soluzione migliore. Ed ecco che dalla borsa di Eta Beta escono i documenti da mostrare in abbinamento alla famigerata tessera del potere.
Naturalmente faccio passare la mia scalpitante accompagnatrice che porge il passaporto ( manco dovesse espatriare) alla bigliettaia ed aspetta per niente paziente.
Lei lo apre, controlla il nome sulla scheda e cerca una qualche corrispondenza. Lo guarda e lo riguarda più e più volte.
Vista dall’altra parte del vetro non sembrerebbe un’impresa così difficile e la Mamma già sbuffa scocciata, lanciando fulmini ed occhiatacce a destra ed a manca.
“Insomma, inizia il film..ci sono problemi?”
“Signora..come si chiama?”
“Ma come non capisco, c’è scritto lì come mi chiamo!”
“Ha due nomi e due cognomi per caso?” E continua a guardare i documenti scandendo a bassa voce ciò che sta leggendo.
Spiaccicandomi contro il gabbiotto, intravedo là dove dovrebbe figurare una bionda sessantenne una bionda venticinquenne. Il mio passaporto al di là del vetro lascia intuire l’arcano.
“Noo, ho preso per errore il documento di mia figlia!E adesso come faccio??!” Si lagna già pronta a vendersi un rene pur di non sganciare manco un soldo.
Un bel- “cazzi suoi“- lanciato con lo sguardo, la fa subito tuffare nella borsa alla ricerca di una soluzione. Lì tra lampadari, praline di naftalina ed altre mille, utili suppellettili che mai e poi mai possono mancare nella borsa di una signora, riesce a trovare una stinta carta d’identità dell’uno quando non c’era nessuno, che la bigliettaia accetta giusto per non sperimentare le altre sue mille risorse.
-“Vada adesso,vada”- Porannoi!
Siamo finalmente nella sala che visto l’alto livello della pellicola è praticamente deserta. Mando avanti lei che così sceglie come le pare. Dopo un’accurato studio della planimetria del cinema ci sediamo proprio mentre il film sta iniziando. Tempo due minuti e due simpatiche signore ci bussano alla spalla. Tra la mia sordità e il loro accento francese posso solo intuire dai loro mimi che, porcavacca, siamo sedute in quello che ritengono il loro posto. Provo a farmi capire dicendo che sono tutti seduti dove vogliono (e che cavolo, col cinema vuoto manco fosse un mercatino di Natale a ferragosto proprio qui dovevate venire?) .
Niente, ci rifilano un:- “Non capisce quelo che disce..”- e ci fanno sloggiare fino all’estremità laterale salvo poi, una volta sistemate, chiederci di quale film si trattasse.
La serata sembra volgere ormai al termine e finalmente ci avviamo alla macchina. Io strascicando i piedi dietro e lei avanti con passo rapido. Si ferma di botto davanti ad una macchina e aspetta.
-“Apri?”-
-“Cosa?”
-“Apri la macchina, piove!”-
-“..certo!Ma, toglimi una curiosità..da quando abbiamo una Mercedes?”-